lunedì 2 maggio 2016

I videogiochi non hanno alcun confine creativo: lo dice Naughty Dog



Una recente intervista realizzata dai ragazzi di EveryEye (che spesso critico ma che questa volta voglio elogiare) fatta a Bruce Straley, Game Designer di Naughty Dog impegnato con Uncharted 4 (di cui su I Love Videogames abbiamo realizzato una corposa anteprima), mi ha dato un interessante spunto di riflessione. O meglio, diciamo che più semplicemente mi sfogherò.

L'intervista è infatti basata sulle tecniche usate dal team di sviluppo per realizzare lo story-telling dei suoi titoli attuali e futuri (articolo interessante e che vi consiglio di leggere quindi), ma che mi ha colpito sopratutto in un passaggio. Non per il contenuto in se ma per la fonte della frase che riporterò tra poco.


"Ogni tanto capita di incontrare persone che tracciano una linea, un confine, e sostengono che il videogioco possa essere definito tale solo se non supera quel confine. Sono sciocchezze. Il videogioco è un medium estremamente plastico, un medium che va esplorato senza limiti, valorizzando sempre la propria curiosità creativa"


Ho più volte ripetuto che questo post sarebbe stato scontato, banale e di semplice sfogo. Molti di voi infatti penseranno sicuramente che quelle riportate nella frase, nel 2016, dovrebbero essere bollate come ovvietà su cui non soffermarsi, ma a quanto pare non è così e ancora oggi schiere di imbecilli (sì senza mezzi termini) considerano quello che è a conti fatti uno dei media più malleabili a disposizione di ogni tipo di autore come obbligato a seguire un'unica strada. E non mi riferisco a nulla di preciso, perché sembra che ultimamente ci sia un fiorire di fronti, egualmente idioti, che sono depositari di lamentele sempre più degradanti: chi inneggia al puro gameplay, chi alle storie incredibili (portando poi esempi, su questo preciso campo, di dubbio gusto), chi non vuole sperimentazione, chi è ancora ancorato all'assurdo dogma del "una volta c'era la passione...", "gli sviluppatori continuano a fare come gli pare invece di fare quello che dicono i giocatori" (ho provato a spiegare a questo genio che un creativo deve render conto del prodotto che sta proponendo agli acquirenti soltanto ai suoi finanziatori, ma sembra che non gli sia entrato in testa). Insomma tutti concetti professati da personaggi che si presentano come "veri videogiocatori" ma che a conti fatti vorrebbero veder azzoppato quello che ritengono il loro medium preferito. 

E questa è una cosa contro cui io e tantissimi altri, da tempo ci battiamo, ma a quanto pare non sembra sufficiente. Per fortuna alle voci degli utenti e degli sviluppatori indipendenti spesso si affiancano personaggi di maggiore spicco, visti spesso come idoli intoccabili dalla community, proprio come in questo caso. La speranza è infatti che le parole di un elemento di spicco di uno dei team più amati al mondo possa far entrare un minimo di sale in zucca a queste teste vuote.

Sapete qual è la cosa più assurda di tutto questo discorso? Che le stesse persone che affermano cose del genere, nocive per per il medium in maniera palese, sono le stesse che poi si lamentano dell'apparente situazione stagnante (per loro esistono soltanto 3 o 4 giochi contemporanei, gli è quindi difficile accorgersi dell'immensa realtà che hanno attorno) del media. Che bella l'ipocrisia del genere umano (detto da un ipocrita come me tra l'altro :) ).

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