giovedì 24 agosto 2017

Finalmente il nuovo corto di Overwatch


Finalmente, dopo tanto tempo, si può tornare finalmente a parlare dei corti di Overwatch. O meglio, negli ultimi mesi ci sono state alcune piccole perle di non poco pregio (Doomfist e Junkertown in particolare) che hanno cercato di battere nuove strade stilistiche proponendo qualcosa che si discostasse dai canoni a cui Blizzard ci aveva abituato, ma ora, con "Rise and Shine" (In Marcia da noialtri) tornano in auge quel tipo di produzioni che più di tutti hanno ci hanno affascinato sin da prima del rilascio del gioco, e di cui sentivamo la mancanza dall'ultimo Blizzcon.
Per cui, mi sembra doveroso buttare giù due righe a tal proposito.


Chi mi conosce quanto sia misera la mia simpatia nei confronti della put- ehm, della Dottoressa Zhou, sopratutto a causa del suo essere così fastidiosa nel corso delle partite, ma mentirei se dicessi che questo cortometraggio, totalmente privo di quella gran dose di azione a cui eravamo stati abituati (persino nel corto dedicato a Bastion, il più bucolico di quelli pubblicati, abbiamo avuto un'assaggio di conflitto), non sia stato in grado di colpirmi in positivo.

La figura della dolce ed un po' ingenua Mei viene infatti stravolta. Finalmente vediamo il suo lato forte, pronta a sfidare le intemperie e superare l'impatto con una realtà che le è aliena e che l'ha devastata nel profondo, scrollandosi di dosso l'immagine della ragazzina "kawaii" che mi faceva venir voglia di prenderla a sprangate sul muso, prendendo in mano le redini di un gioco a cui sembrava dover uscire sconfitta. 
Da questo punto di vista è interessante vedere come il contrasto di azioni (specie il primo piano dei piedi sulla soglia verso l'esterno) vada ad enfatizzare il percorso di crescita della protagonista.

La storia di Mei, seppur ricca di cliché, coinvolge, riesce a commuoverti, grazie anche al tenero rapporto tra lei ed il suo iconico compagno di viaggio robotico, Snow Ball. Alcuni momenti, tra l'altro, grazie anche ad una regia digitale accorta e capace di esaltare diverse sequenze d'impatto in maniera eccellente, riescono a scavarsi un posticino nel cuore (ed è incredibile che ci riesca pensando al fatto che io facevo il tifo per la bufera di neve).

Se proprio vogliamo andare a cercare un cortocircuito in questo macchinario (purtroppo non proprio marginale), possiamo trovarlo, senza troppo sforzo, nella caratterizzazione della giovane ricercatrice: parla troppo. Ogni suo pensiero è, infatti, esplicitato, spiegato mai, semplicemente, mostrato con le azioni che finiscono per essere delle propaggini di quanto detto da lei andando così a rovinare quel senso di intimità ricercato per tutta la durata della proiezione.

Insomma, un corto lodevole, il cui maggior pregio è sicuramente quello di osare distaccandosi da quell'idea di azione, di dinamismo e frenesia che caratterizzano i suoi "fratelli maggiori" per abbracciare uno spazio più intimo e personale, capace così di far esaltare la figura allo stesso tempo fragile e forte della giovane ricercatrice.

Sia chiaro, in gioco è ancora un palo in culo che ha tutto il mio odio, ma ora ha acquistato punti.




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