martedì 5 dicembre 2017

Oh my Godheads: un titolo da divano


Sembra che i team di sviluppo i cui progetti nascono e crescono sotto l'ala protettrice di Square Enix e della sua iniziativa dedicata ai progetti indipendenti, Square Enix Collective, abbiano un debole per me.
Dopo l'apprezzatissimo Black: The Fall e l'altrettanto interessante Children of Zodiarc, questa volta è, infatti, il turno di Oh my Godheads.


Fin dalle schermate d'apertura, la produzione titutitech mette subito in chiaro quello che è il suo intento, vale a dire offrire un'esperienza di gioco multiplayer locale, un gioco da divano (parola onnipresente dai menù, alle descrizione delle varie modalità, passando per i trofei sino alle schermate di caricamento), categoria sempre più marginale nel medium videoludico come lo conosciamo oggi.

Se però, da un lato, diversi publisher tentano di battere nuove strade (con discreto successo) per quanto riguarda i titoli prettamente social (come il Play Link di Playstation 4), Oh my Godheads opta per una formula più tradizionale, sia nelle meccaniche che nelle periferiche.

Il controller sarà perciò il vostro migliore amico e, vista la semplicità ed il numero contenuto di comandi richiesti, risulta incomprensibile la scelta di non rilasciare il gioco su Nintendo Switch, vista la disponibilità immediata di due Joycon e la portabilità della console, che ben si sposa con la rapidità delle partite.


Ma quindi, che cosa ha da offrire, poste tali premesse, Oh my Godheads? Diversi spunti interessanti a dirla tutta.
Avremo a nostra disposizione 4 modalità multigiocatore ed una "Torre delle sfide" dove le nostre capacità verranno messe alla prova da obiettivi sempre diversi.
A farla da padrone sono, senza dubbio, le partite che hanno per protagoniste i grossi capoccioni delle divinità delle più svariate culture (purtroppo manca Gesù), denominate "A caccia di teste" e "Re delle teste".
Entrambe sono, a conti fatti, delle divertenti varianti del classico cattura la bandiera, giocabili a squadre o tutti contro tutti: nella prima dovremo portare il capoccione che si trova al centro della mappa sino ad una delle aree del colore a noi corrispondente, mentre, nella seconda, dovremo semplicemente reggere la stessa testa per più tempo possibile fino al riempimento dell'apposita barra, così da poter guadagnare un punto.

Ovviamente sono due i fattori che rendono divertenti e frenetiche queste tipologie di incontri. Innanzitutto la velocità dell'azione: con un colpo abbatteremo qualsiasi nemico che, però, rinascerà in pochi secondi sull'apposita piattaforma.
Ma, sopratutto, le divinità stesse. 


Si sà, gli dei sono spesso bizzarri, lunatici, furibondi e capricciosi e queste loro caratteristiche si adattano perfettamente alla produzione.
Ogni testa, infatti, avrà dei poteri unici che andranno costantemente ad inficiare, in modi più o meno singolare, sull'andamento dello scontro.
Se Zeus, ad esempio, si limiterà a scagliare di quando in quando fulmini nell'area a lui circostante (rivelandosi un'ottima protezione per il portatore) altri, come Kalì, andranno ad intaccare l'intera esperienza di gioco. Come recita la sua descrizione, alla dea indù piace giocare con la quarta dimensione, il che si traduce in repentine accelerazioni e decelerazioni dei movimenti di tutti i contendenti. Altri ancora, furibondi, si faranno esplodere a loro discrezione.
Insomma ce ne è un po' per tutti i gusti (ed alcuni si sbloccheranno  giocando un determinato numero di partite o completando particolari sfide).


Alle due modalità "regine" se ne affiancano altrettante più tradizionali: "Ultimo sopravvissuto" e "Cacciatore di teste" corrispettivi dei classici deathmatch e tutti contro tutti, in cui dovremo semplicemente uccidere più avversari od essere gli unici a non essere uccisi nel corso di un round.
In questi casi le teste scompaiono proponendo così soluzioni standard ma sempre divertenti per una serata caciarona tra amici.

A chiudere il pacchetto ci pensa la già citata torre delle sfide, pensata per un singolo giocatore e, all'interno della quale saremo chiamati ad affrontare, appunto, alcune veloci sfide a tempo.
Questo è forse il punto più debole dell'offerta, più utile per sbloccare alcuni contenuti nel gioco che per altro, visto il basso livello di abilità richiesta per poter padroneggiare al meglio quanto il titolo proponga.


A difendersi bene è senza dubbio il simpatico roster di personaggi, stravaganti, citazionisti ed in alcuni casi un po' controversi (vedasi l'arabo con il machete, che potrebbe causare non poche grane agli sviluppatori) ma, più di tutto, gli stage. Si passa infatti da arene situate sulla cima di una piramide dorata (con tanto di occhio) ad un granchio gigante (e ancora non ho sbloccato lo stage "Vulcano" ambientato a Napoli). Tutte ulteriormente vivacizzate da modelli semplici e colori piatti e brillanti.
Un plauso è da fare anche per i ridottissimi tempi di caricamento, fondamentali per questo tipo di esperienze.


Il vero problema del gioco risiede, perciò, nel suo possibile ciclo vitale. Si sente la mancanza di una componente online che possa sopperire alla mancanza dei controller aggiuntivi.
Inoltre, a dirla tutta, se pur divertenti, le poche modalità presenti potrebbero presto perdere il proprio fascino una volta esauriti gli stage da provare e i testoni divini da far infuriare. Il mio consiglio è quindi quello di optare per sessioni brevi da inserire in un contesto corale con altri party game (intervallatelo, ad esempio, con un titolo Play Link, nel caso di PS4, o con un altro gioco da salotto) così da poter tenere il più possibile alto l'interesse per quello che la produzione titutitech ha da proporre, nella speranza che il team di sviluppo abbia in serbo qualche nuovo contenuto per il futuro (per la tipologia di prodotto, direi che puntare sulla parola "gratis" possa rivelarsi fondamentale).


Se state cercando un titolo che possa tornare utile per delle serate leggere in compagnia degli amici, Oh my God Heads potrebbe fare al caso vostro, proprio grazie alla sua frenesia e al valore aggiunto delle teste e degli stage, ma tenete presente che, allo stato attuale, il gioco ha poco altro da offrire ora come ora.



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