Dopo diverso tempo torno finalmente a scrivere due parole sulla conference di una qualche fiera videoludica di un certo peso. A immolarsi sull'altare della mia analisi scanzonata è l'evento organizzato da Sony in occasione della Paris Games Week 2017. Fra sorprese, conferme e note stonate andiamo a scoprire che cosa mi ha lasciato questa diretta.
La prima cosa che mi vien da chiedere dopo questa diretta è: perché Sony insiste con l'idea di fare un pre-show delle sue conferenze?
Posso comprendere, e condividere, una strategia del genere in contesto come quello di alcuni anni fa, dove eventi di questo tipo raggiungevano durate mastodontiche fino allo sfiorare spesso le due ore (con tempi morti spesso figli di una sbagliata concezione della comunicazione e pregni di un modo fin troppo aziendale e poco mediatico di snocciolare dati e d'imporsi ad un pubblico totalmente disinteressato a tutto ciò), oppure, in occasione di realtà ben precise come l'E3, dove, purtroppo, la marea di annunci e produzioni messe in risalto va ad oscurare tutte quelle opere che non possono godere della potenza di un grosso publisher per poter farsi largo in quell'oceano di squali qual è la tre giorni losangelina.
Ma lo spettacolo offerto dal colosso nipponico a Parigi è ben lungi dal rientrare in questo tipo di categorie, attestandosi su un tempo di circa quaranta minuti. È quindi, perlomeno, incomprensibile il perché di un pre-show nel quale vengono relegate produzioni indipendenti e non di valore e, spesso, di ampio richiamo (ricordiamo che a giugno furono inseriti proprio in tale format il reveal della data di rilascio di GT Sport ed un nuovo trailer di Ni No Kuni 2) che potrebbero benissimo andare ad allungare di una ventina di minuti la conferenza senza andarne ad intaccare la godibilità (anzi, arricchendola ancor di più) permettendo, al contempo, di dare ad essi una visibilità che il contesto a loro assegnato non gli concede (sono in pochi a guardare i pre show, per i più svariati motivi). Parliamo, dopotutto, di annunci di un certo interesse come i sequel di GuacaMelee e di Spelunky o dell'ardita mossa di annunciare e rilasciare sul mercato un'opera come Oure, per non parlare dell'aver praticamente celato a una gran parte dell'utenza l'esistenza di Hong Kong Massacre (praticamente un incrocio tra Hotline Miami ed il cinema di John Woo) o anche un titolo esteticamente interessantissimo come The Gardens Between.
Insomma ho trovato questa scelta poco efficace e in contrasto con la volontà di mostrare più titoli possibili nel corso dello spettacolo limitando il più possibile i tempi morti.
Passando alla conference vera e propria, nonostante la brevità dell'evento e nonostante la presenza di molte ip già note, di cose da dire, per quanto mi riguarda, ce ne sono abbastanza.
Di certo a non mancare è stata la classica apertura d'impatto a cui Sony ci ha abituato.
Un campo di grano con un Torii sullo sfondo, una voce dall'accento asiatico fuori campo, la didascalia "Tsushima, Giappone, 1274" sono tutto quello che serve per entrare sin da subito nel mood di quella che potrebbe rivelarsi una delle ip first party più interessanti del prossimo futuro di Playstation.
Fra immagini evocative, figure iconiche, paesaggi al limite della leggenda, guerrieri in armatura alla carica come demoni dell'inferno, villaggi in fiamme, Sucker Punch è riuscita a confezionare in due minuti uno splendido biglietto da visita per il loro nuovo progetto: Ghost of Tsushima.
L'ip dei creatori di Sly Racoon e Infamous (in sviluppo da ben tre anni e mezzo) è una dichiarazione d'intenti: dare vita all'immaginario Giappone medievale grazie a una miscela di direzione artistica, open world, meccaniche a metà tra action e stealth ed una storia di vendetta e redenzione.
Insomma di materiale per dar vita a qualcosa di potente ce ne è a bizzeffe, ed una prova del nove importante per la software house, chiamata a dimostrare di aver raggiunto la piena maturità con il genere sandbox dopo l'esperienza supereoistica che ha contraddistinto il team nell'ultimo lustro e mezzo (diciamocelo, Infamous, per quanto sicuramente affascinante e ben realizzato peccava di diverse ingenuità, specie per quanto concerne il game design del mondo di gioco).
Dopo questo inizio esplosivo (a prescindere dal fatto che possa attrarre o meno il singolo) la conference, nonostante la durata ridotta, ha vissuto di un'alternanza di ritmi non sempre convincente (specifico, RITMI) a cui si accompagna (come ha sottolineato anche il caro Luca Parri di Deeplay) una certa superficialità nella presentazione di un parco titoli di livello ma proposto in maniera alquanto blanda (sembra insomma che Sony sia fin troppo conscia del proprio vantaggio commerciale e tenda quindi a limitarsi a sparare le proprie cartucce, senza troppa cura nel "colpire il bersaglio", non so se rende bene il concetto).
Eppure, nonostante questi difetti, la carne al fuoco anche qui è molta (anche se i sospetti e le speranze che tutto questo sia in funzione della Playstation Experience si fanno sempre meno velati).
Per quanto mi riguarda, una delle prime cose a sorprendermi in positivo è stata senza dubbio la presenza di un titolo PlayLink come Erica nello show, addirittura con un intero trailer dedicato, sintomo del fatto che Sony crede in questa iniziativa, dopo i buoni risultati riscossi nel corso di questi mesi da giochi come Dimmi chi sei! (viziato, sì, dall'indubbio vantaggio di essere stato proposto per diversi mesi attraverso Playstation Plus, ma dalla qualità indiscussa) confermando così l'intento di voler dare sempre più spazio a questo settore dell'intrattenimento secondo la casa giapponese.
Altrettanto importante è il fatto che continui ad avere una presenza fissa nei main event Playstation anche il catalogo Playstation VR (in cui appare anche Stifled, che avevo inserito nella wishlist di quest'anno), sia con un trailer cumulativo che con un gameplay per una nuova produzione di rilievo a livello commerciale. Questa volta l'onere di mantenere alto l'interesse per la periferica di realtà virtuale è toccato a Blood and Truth, nuovo titolo di London Studio che non è riuscito a impressionarmi troppo (rispetto, per lo meno, ad altri progetti presenti nel filmato corale) ma sicuramente in possesso di un certo carattere.
Al contrario, tutte le mie attenzioni sono state, di certo, catalizzate da Concrete Genie, nuova opera di PixelOpus.
Quello che spicca, per quel poco che abbiamo ammirato e sentito, è senza dubbio la volontà di privilegiare le emozioni attraverso l'immaginario di un ragazzino. L'arte diventa quindi il mezzo tramite il quale poter evadere da una realtà cupa ed opprimente. Ash, il protagonista, vive infatti in una città grigia, crepuscolare e fumosa ed è continuamente perseguitato dai bulli, riesce a trovare sollievo grazie ad un pennello magico che gli offre la possibilità di dar vita a tutto ciò che dipinge, come ai suoi bizzarri amici immaginari (che fungeranno anche da elementi portanti del gameplay).
Il 2018 è ancora una finestra d'uscita troppo generica e ancora il materiale è troppo esiguo per poter capire quanto peseranno nell'ecosistema del titolo gli elementi platform accennati nel trailer, ma il mio consiglio è quello di tenere d'occhio con particolare riguardo Concrete Genie.
Meno rilevante, a mio avviso, è stata la sezione dedicata alle produzioni Third Party. Sei erano i titoli dei grandi Publisher mostrati sul palco, cinque dei quali ormai stra noti ed uno inedito, Onrush (sviluppato da Codmasters), che comunque ha avuto poco spazio per poter risaltare. Ma se Star Wars Battlefront II, Call of Duty WWII e Far Cry 5 hanno ormai ben poco da dire se non il poter mostrare ancora una volta i muscoli prima dell'uscita, il discorso è diverso per il DLC di Destiny 2, "Curse of Osiris", che avrà fatto la gioia dei fan e, sopratutto, per Monster Hunter World.
Il trailer mostrato durante la conference ha rivelato nuovi mostri fighissimi, ha messo nuovamente in risalto le meccaniche dei vari ecosistemi e delle catene alimentari delle varie creature oltre a riservare due piccole sorprese per tutti gli utenti Playstation.
Per prima cosa, Aloy è stata annunciata come personaggio giocabile all'interno del titolo (e scommetto quello che volete che, prima o poi, il Thunderjaw diventerà l'obiettivo di una caccia in futuro) e poi è stata confermato per il 9 Dicembre il rilascio di una beta accessibile a tutti gli abbonati PS Plus (occasione ghiottissima per il sottoscritto per capire se Monster Hunter World possa fare davvero al caso mio).
A proposito di Aloy, la Paris Games Week è stata anche l'occasione per dare una piccola sbirciata a quelli che sono i contenuti di The Frozen Wilds. C'è da dire che con cinquanta secondi scarsi di video non rendono, si spera, giustizia a quest'espansione che quindi non ha lasciato un'impronta importante nell'economia dell'evento. A restare intatto è però il fascino dell'opera di Guerrilla Games che, seppur ancora acerba sotto diversi aspetti, resta encomiabile (specie considerando l'inesperienza del team con gli open world).
Un destino simile è toccato anche a God of War, per lo meno parlando dello spazio dedicatogli in conference. Nel minuto in mezzo di filmato, però, risaltano in miglioramenti ulteriori apportati al gameplay da Santa Monica, come le continue interazioni tra Kratos e suo figlio nel corso dei combattimenti e la brutalità dell'ex dio della guerra, la cui fisicità trae giovamento dalla telecamera in terza persona. Già dal video, infatti, si sente il peso di ogni singolo colpo sferrato dallo spartano. Spero quindi che questo possa essere un semplice antipasto in vista di dicembre, visto anche il periodo di rilascio fissato per la primavera del prossimo anno.
Il remake di Shadow of the Colossus (al quale, qualche tempo fa, dedicai un piccolo articolo al quale sono particolarmente legato), per quanto, contenutisticamente, ha poco da dire per via della natura dell'operazione stessa, riesce a offrire emozioni sempre uniche, che si tratti del gameplay sul palcoscenico, concentrato sullo scontro con Phalanx, il serpente volante, probabilmente uno degli scontri più iconici ed evocativi del gioco, o del filmato introduttivo totalmente ricreato da zero, il fascino del secondo genito di Fumito Ueda resta sempre bellissimo, anche dopo il restauro ad opera dei Blue Point Games, maestri del settore.
In più, proprio per farvi sentire più in colpa, sarà venduto, a partire dal 6 Febbraio, al prezzo budget di 40€. Non avete più scuse per non essere in trepidante attesa.
Altre due esclusive importanti, che hanno preso parte alla conferenza, sono senza alcun dubbio Spiderman e Detroit.
E se il gioco di Insomniac Games dedicato all'arrampica-muri continua a mostrarsi in tutta la sua spettacolarità, ma purtroppo ci sarà ancora da attendere, visto il generico 2018 riportato a fine trailer, la situazione dell'ultimo nato in casa Quantic Dream è molto più complessa, e merita di spenderci due parole.
Man mano che vengono mostrati nuovi gameplay, sembra (e sottolineo SEMBRA) che finalmente anche David Cage sia riuscito a trovare la quadratura del cerchio, a spiccare quel balzo in grado di imporre la sua visione del medium senza dover far crollare tutto come un castello di carte. Prendiamo ad esempio la meccanica della scelta esaltata, come visto nel trailer di Parigi, da un contesto, quello delle intelligenze artificiali, che permette di enfatizzare all'inverosimile questo concetto: Kara si può opporre alle regole schematiche alle quali è soggiogata, può scegliere di obbedirvi, può accettare o meno le conseguenze delle sue azioni, ognuna delle quali potrebbe avere un numero di conseguenze abbastanza vario da risultare credibile e non troppo schematizzato.
Quello che però mi infastidisce è la mancanza di una data. Ormai non è possibile, oserei dire vergognoso, che, arrivati a fine 2017, ancora Detroit non abbia una data di rilascio concreto, limitandosi ad un generico "primavera 2018".
E ora, per forza di cose, non resta che parlare della chiusura dell'evento, forse il protagonista assoluto dei dibattiti di questi giorni (anche per via di un articolo molto discutibile pubblicato da un noto sito d'informazione videoludica).
Io non credo di essere stato in grado di apprezzare a pieno, almeno in un primo momento, quest'ultimo trailer per un semplice motivo: la mia speranza era che, a chiudere la conferenza fosse un titolo ben preciso, poi rivelatosi IL grande assente: Wild (spero che alla PSX Ancel si faccia vivo, la situazione comincia ad essere davvero preoccupante).
Fatta questa premessa, è inutile girarci attorno, la cinematic di The Last of Us Part II è qualcosa di mastodontico, su più livelli.
È una dichiarazione d'intenti di Naughty Dog, è la dimostrazione di non aver paura di osare in un mercato blockbuster disattendendo tutte le aspettative dei fan (che ora si aggrappano ad una teoria su una presunta, e muscolosa, madre di Ellie, per poter restare cullati nella convinzione di poter vedere sempre accontentati i propri bisogni di fan-service) mostrando una violenza ancora più cruda e, in una certa misura, pura, senza timore alcuno di lasciar da parte i protagonisti in favore di figure sconosciute, che agiscono al buio, illuminate soltanto dalla luce del fuoco.
Una prova di forza e di carattere, non c'è bisogno di un gameplay per mettere in mostra i muscoli, per quello ci sarà tempo.
Nessun commento:
Posta un commento