lunedì 24 settembre 2018

Stay: Recensione


Scrivendo questo pezzo mi piange un po' il cuore. Stay è un progetto dal grande potenziale, che affronta tematiche forti in modo interessante e brillante ma che finisce con il perdersi in un bicchier d'acqua tentando di far convivere un'idea così forte con elementi ludici strutturalmente arretrati e mal gestiti.
Ma andiamo con ordine e scopriamo perché il titolo sviluppato dal duo di sviluppatori che risponde al nome di Appnormals Team si sia rivelato, purtroppo, una grossa delusione.

VERSIONE TESTATA: Playstation 4


Se io stessi scrivendo questa "recensione" dopo circa metà dell'esperienza offerta da Stay ve ne parlerei con toni, se non entusiastici, quantomento ottimistici.
Questo perché alla base c'è un'idea tutt'altro che banale e affiancata da una struttura interessante che mette al centro, o meglio ad uno dei due centri, lo stesso giocatore.
Vestiremo infatti i panni di noi stessi messi in contatto, per qualche oscuro motivo, con un uomo, lo psicologo Quinn, risvegliatosi in una stanza completamente buia illuminata soltanto dal fascio di luce di un monitor di un computer dal quale potrà comunicare con noi.
Il nostro compità sarà quindi quello di aiutare questo povero disgraziato a tornare libero, da una parte cercando di indirizzarlo verso punti d'interesse atti a poter proseguire l'avventura, dall'altra cercando di tenerne alto il morale, motivandolo, facendo una battuta che possa spezzare la tensione nei momenti più adeguati e, in definitiva, cercando di creare un legame emotivo con un uomo che ci vede come la sua unica speranza di salvezza.


Ovviamente, una struttura del genere ha, però dei limiti. La maggior parte del tempo sarà Quinn a parlare sia fornendoci informazioni sulle sue nuove scoperte sia perdendosi in digressioni necessarie per scaricare lo stress relegando a noi il solo compito di selezionare la frase per noi più consona tra quelle messe a nostra disposizione in punti prestabiliti della chat, creando così dei bivi narrativi.
Sia chiaro che non sto del tutto criticando questa scelta degli sviluppatori, essendo la più pratica in situazioni di questo tipo, in grado di non spezzare il ritmo dell'avventura andandosi ad impelagarsi in una serie di problematiche linguistiche e funzionali che emergerebbero nel momento in cui venisse offerta la totale libertà al giocatore.
Sarebbe stata quanto meno gradita l'aggiunta di opzioni dialogiche al di fuori di quelle inserite negli snodi principali della trama, in modo tale da poter creare una sorta di legame, per quanto fittizzio, con il personaggio con cui ci troveremo ad interagire per tutto il corso dell'avventura.
Insomma quello che si crea è un cortocircuito concettuale: da una parte siamo messi idealmente sullo stesso piano di Quinn, ma a livello pratico siamo chiamati a scegliere soltanto meccanicamente quella che potrebbe essere l'opzione più affine alle nostre ideologie.
Per di più, è necessario sottolineare come il nostro ruolo sia ulteriormente limitato dal fatto che spesso la scelta corretta, anche da un ventaglio di possibilità superiore alle due, sia quasi sempre una, portando alla morte del personaggio in ogni altro caso (l'aver fatto una scelta corretta sarà anche evidenziato attraverso un apposito ramo).


Un discorso a parte andrebbe fatto su quella che è l'intrigante meccanica di presenza e assenza che da il nome al titolo.
Stando alle premesse il destino di Quinn sarà totalmente nelle nostre man,i anche nei momenti in cui chideremo il gioco, con il timer della nostra assenza che continuerà a scorrere imperterrito.
Purtroppo, però, non ho potuto evidenziare particolari conseguenze dalle mie più di 20 ore di lontananza dalla chat.
Nonostante ciò, non voglio sbilanciarmi in tal senso perché la mancanza di vere ripercussioni potrebbe essere dovuta più ai momenti in cui ho deciso di fare una pausa più o meno lunga piuttosto che all'effettivo funzionamento della meccanica.
Mi si potrebbe obiettare che questa sia una mancanza di porfessionalità da parte mia, e potrei capirlo, ma questo è proprio il vantaggio di scrivere in un blog, il poter esprimere la propria opinione in completa soggettività ma sottolinenado qualsiasi limite nella propria analisi. 
Il motivo per cui, una volta conclusa la mia prova ho deciso di non rimettere più in mano all'opera di Appnormals Team vi sarà chiaro tra poche righe.


L'immagine sovrastante non è casuale e rispecchia totalmente il mio volto una volta chiamato ad affrontare uno degli ultimi enigmi proposti dalla produzione.
I puzzle presenti nel gioco sono, infatti, non  soltanto un punto debole  a livello concettuale e strutturale, andando a cozzare con l'idea stessa di essere una figura attiva, in quanto coprotagonisti al pari di Quinn, costringendoci a vestire i suoi panni per risolvere tali enigmi, ma anche spezzando talmente il ritmo della vicenda raggiungendo picchi di difficoltà tali da spingere molti utenti, stando alla mia piccola indagine sul web, non solo a ricorrere a guide e Walktrought (di cui ammetto di aver usufrito) ma, addirittura ad abbandonare l'esperienza in toto presi dalla frustrazione.
Alcuni di questi enigmi, infatti, sono mal pensati e non risultano essere onestamente complessi, figli di una struttura che spinga il giocatore ad un ragionamento logico grazie ad indizi ben contestualizzati e a pattern leggibili e decifrabili, ma semplicemente stronzi nell'anima.
E se questo è accettabile nel caso di un labirinto di specchi, il cui punto debole stanella macchinosità dei movimenti (frustranti all'eccesso ogni qual volta si finisca con il prendere il bivio sbagliato), la cosa diventa insopportabile nel momento in cui ci troveremo ad avere a che fare con l'enigma della caldaia. Qui tutto si fa randomico, e la fortuna nel capire la sequenza giusta prima che questa venga resettata sovverchierà l'elemento logico in maniera eccessiva. Non a caso è qui che molti utenti hanno perso le speranze (stavo per farlo anche io) e hanno ritenuto il loro investimento economico del tutto sprecato.


Stay è stata per me una delusione profonda, un progetto che mi aveva da subito intrigato per poi rivelarsi una fucina di insicurezze produttive dei due sviluppatori, purtroppo incapaci di libersi dalla ricerca di una ludicità superflua e, addirittura, dannosa per quella che potrebbe essere un idea potenzialmente vincente, se sviluppata soltanto attorno al suo nucleo fondativo senza digressioni da puzzle game che hanno finito con l'affondare quanto di buono messo in piedi.
Peccato, peccato anche a fronte di un comparto artistico capace di esaltare le atmosfere cupe, claustrofobiche e surreli che il gioco vorrebbe far emergere.


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