lunedì 4 gennaio 2016

Il Piccolo Principe: Quando si cresce male


Devo essere sincero, prima della visione del film ero convinto che la prima recensione dell'anno sarebbe stata semplice, serena, e invece, qualcosa è andato storto.
Tutto ciò che c'era dietro alla realizzazione di questo lungometraggio dedicato al Piccolo Principe lasciava più che ben sperare. Partendo dalla casa di produzione, la neonata Orange Studio, che era riuscita a catturarmi con il suo precedente, e primo, lavoro : Mune.
Inoltre, sorpresa tra le sorprese, nonostante l'uscita in simultanea con il nuovo film di Checco Zalone, le sale della mia zona, per due giorni di fila, hanno fatto registrare il tutto esaurito anche per la pellicola diretta da Mark Osborne (Kung Fu Panda).
Infine, i trailer mostravano sì il fianco a qualche sospetto, ma surclassato dalla meraviglia creata dalle sequenze tratte dal libro realizzate in una tecnica mista che unisce stop-motion, carta velina ed un tocco di animazione digitale.
Ogni sogno però finisce con l'infrangersi contro la realtà, a quanto pare, e una volta usciti dalla sala ciò che resta è un senso di vuoto, di mancanza, di qualcosa che poteva essere molto di più ma così non è stato, arrivando al punto di rimpiangere il fatto che questo non sia un pessimo film in toto, ma minato in maniera irreversibile da un quasi unico ma pesantissimo problema.


I PROBLEMI DEL FILM SONO LEGATI ALLA SCENEGGIATURA, PER CUI, NONOSTANTE CERCHERO' DI EVITARLI IL PIU' POSSIBILE, POTREBBERO ESSERCI ALCUNI SPOILER ABBASTANZA IMPORTANTI.



Come detto, l'ultima trasposizione cinematografica dell'opera di Antoine de Saint-Exupery, non è un brutto film anzi, ci troviamo di fronte ad un ottimo prodotto per bambini che dà il meglio di sé nella prima metà della pellicola. Ciò che lo va a minare dalle fondamenta è proprio quel concetto stesso "prodotto per bambini" che cozza terribilmente con quello che è il messaggio di fondo del romanzo originale. Nonostante questo fosse già stato messo comunque in conto dal sottoscritto, niente l'avrebbe potuto preparare a quanto di brutto il secondo tempo aveva in serbo per gli spettatori. Ma andiamo con ordine.

La protagonista del film, Prodigy, vive con sua madre all'interno di un mondo quasi Orwelliano in cui diventare adulti significa diventare schiavi del lavoro, grigi e incapaci di godere di tutto ciò che di buono la vita ha da offrire. Un imprevisto nei piani di madre e figlia spinge le due a trasferirsi in una casa accanto ad un bizzarro vecchietto, l'aviatore. Dopo un primo incontro a dir poco traumatico, Prodigy inizia a legare con il tenero vegliardo che le darà modo di imbarcarsi in una magica avventura seguendo il viaggio del Piccolo Principe.



Ecco questa è la sinossi del film, che si muove, nel corso del primo tempo (e per l'inizio del secondo) su due binari: il mondo "reale", frenetico, monocromatico, molto "quadrato" e governato da ritmi incessanti e ben scanditi ed un altro onirico e surreale, quello del racconto. Artisticamente quest'ultimo è una perla, grazie alla tecnica di cui parlavo poc'anzi, Osborne esalta il tutto con una regia che si adatta ai due piani del reale, spaziando tra riprese a volo d'uccello per enfatizzare la schematicità del mondo di della bambina e inquadratura più variegate per le scene tratte dal romanzo, amando spesso insistere su delle inquadrature centrali per mettere il risalto un confronto (la casa dell'aviatore e quella della protagonista) o un momento di forte Pathos.
Ottimo anche il lavoro fatto con le ombre animate legate alla fantasia della bambina, o la sequenza rallenty all'interno del vecchio macinino del bizzarro mentore.

A non mancare è senz'altro l'ironia, mai forzata e legata sempre ad un contrasto tra un piano reale soffocante ed uno più affine al mondo del fantastico.

Sono rimasto anche piacevolmente colpito dal comparto sonoro, leggero, mai invadente ed adatto alle varie circostanze. Ciò che però mi ha davvero stupito è il fatto che a dirigere le danze ci fosse Hans Zimmer, compositore monotematico per eccellenza che però qui si è dimostrato capace di riadattarsi al diverso tipo di prodotto.




Piacevole sorpresa è stato anche il cast di doppiatori nostrani (quasi tutti, Pintus e Siani non voglio considerarli) composto da attori talentuosi e azzeccati tra cui Tony Servillo, Alessandro Gassman, Stefano Accorsi,Giuseppe Battiston e molti altri ancora.

Qui però purtroppo termina ciò che di buono "Il Piccolo Principe" ha da offrire. 
La sceneggiatura è stata purtroppo legata alle esigenze di mercato in maniera fin troppo netta, finendo con il morire, letteralmente, nella seconda metà.
Abbandonato infatti ogni legame con il materiale originale il film inizia a prendersi troppe libertà sfociando nel banale e nel ridicolo e sopratutto uccidendo letteralmente quello che è il messaggio di fondo del libro.
Resta ovviamente il tema della crescita, ma dove Inside Out riesce ad offrire un punto di vista maturo ed affascinante, il film di Orange Studio si perde in un bicchiere d'acqua tirando fuori una terza linea narrativa completamente in contrasto con il romanzo, e tirata fuori dal nulla, che vede come antagonista l'Uomo d'Affari e sopratutto un Piccolo Principe adulto e totalmente imbecille.
Ora, capiamoci, passi che questo è ovviamente frutto dell'immaginazione della bambina (il peluche della volpe è l'unico vero tocco di qualità di questa parte), passi che il messaggio del libro è rivolto agli adulti e che qui qualcosa sarebbe stato per forza cambiato, ma rendere l'uomo d'affari un cattivo (quando non lo è mai stato) e, sopratutto, far crescere il Piccolo Principe, è un'errore gravissimo, è la negazione assoluta del concetto originale dell'opera. 
Sarebbero state possibili tantissime altre strade, sarebbe stato possibile aumentare il minutaggio delle parti in tecnica mista (sono assenti molte parti importanti del libro per favorire questa seconda parte), sarebbe stato possibile semplicemente lavorare sulla ricerca del principe e lasciarlo tale e quale, sarebbe stato possibile fare molto altro ancora. Ma come sappiamo, uno studio giovane, ha spesso le mani legate dai produttori, ed è spesso necessario scendere a compromessi per ottenere il via libera di un progetto, a volte snaturandolo e a volte mortificandolo.

Eppure non mi sento di bocciare del tutto neanche questa, allucinante, seconda metà. Alcune sequenze ben realizzate ci sono anche per quanto concerne la narrazione e di tanto in tanto l'art direction e la regia riescono a mettere almeno qualche toppa qua e là.





Insomma, questa trasposizione cinematografica del Piccolo Principe è un brutto lavoro? No, la regia, le musiche, la direzione artistica sono di buono livello (se non anche di più in alcuni frangenti). È una delusione? Sì, snaturare i concetti basilari dell'opera originale per piegarsi a delle esigenze di mercato troppo soffocanti è un qualcosa che va a minare nelle fondamenta quanto di buono il progetto aveva da offrire.

Come detto però voglio comunque consigliarvi (con le dovute cautele) questo film, grazie al doppiaggio italiano in gran parte di alto livello, alla regia e alle sequenze in tecnica mista, il film è godibile. Inoltre, Orange Studio è una società d'animazione giovane e dall'enorme potenziale che ha forse peccato di troppa presunzione dopo i buoni risultati del primo lavoro lanciandosi così in un progetto forse troppo grande per le attuali possibilità (sopratutto economiche) del team e finendo con il proporre qualcosa di concettualmente interessante ma che va a perdersi in un bicchier d'acqua.

Insomma sappiate che, una volta entrati in sala e superata la prima metà della pellicola quello che vi troverete di fronte non sarà più "Il Piccolo Principe", ma qualcos'altro. Non per forza qualcosa di brutto, ma certamente più adatto ad un pubblico di bambini.



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