mercoledì 15 novembre 2017

Aer: memories of Old - Recensione del nuovo titolo prodotto da Daedalic Entertainment


Non smetterò mai di ripeterlo, uno dei titolo più influenti dell'ultima decade videoludica è, senza alcun dubbio, Journey. La produzione That Game Company ha sicuramente dimostrato che produzioni diverse, "più esperienziali", d'atmosfera, potessero trovare il proprio spazio in un mercato che vada oltre una piccola nicchia.
Questo ha, perciò, portato molti team di sviluppo a credere in questo genere di prodotti, dove la creatività artistica abbia il sopravvento sul puro aspetto ludico e/o narrativo, mescolando i due elementi ed esaltando, così, le potenzialità di quello che è linguaggio proprio del medium. 
Molti sono, quindi, i prodotti che hanno seguito tale filosofia (fra tutti, il più ovvio è sicuramente Abzû, a cui ho dedicato un articolo qualche tempo fa) tra cui anche il nuovo lavoro di Forgotten Key, Aer: memories of Old, prodotto da Daedalic Entertainment (e protagonista del mio ultimo "most wanted").


Come detto, quindi, in Aer è l'atmosfera a contare. Verremo, infatti, catapultati in un mendo scosso da un grande cataclisma e ora caratterizzato soltanto da isole fluttuanti. Isole tra le quali dovrà spostarsi la nostra protagonista, Auk, grazie alla peculiare abilità di trasformarsi in un falco per librarsi nel cielo.
Dal punto di vista della back story, i canoni sono quelli standard per gran parte delle avventure di questo tipo: il mondo è nel caos a causa di un'antica civiltà giunta al collasso per via della sua arroganza (eccessiva fiducia nella tecnologia, distacco dalla natura, ecc...).
Auk, in quanto esponente di una stirpe di uomini capaci di entrare in contatto con degli spiriti guida che donano loro capacità mutaforma, è chiamata a compiere un pellegrinaggio che le permetta di salvare il resti di questa terra e sventare l'oscura minaccia del "Nulla".


È indubbio che, da questo punto di vista, le possibili letture della narrazione possano essere molteplici, dal piano fisico a quello onirico (in diversi momenti, il dubbio che si trattasse di una sorta di viaggio nel subconscio di una persona mi è sorto), eppure tutto resta molto ancorato ad un piano prettamente ludico e standardizzato.
Aer è molto più gioco di Journey, i suoi personaggi, seppur abbozzati, hanno una loro precisa caratterizzazione, la narrazione è scandita, ed i dialoghi sono, forse, fin troppo ricchi di dettagli per quello che poteva tranquillamente essere un universo appena accennato.
Ci si sente, in ogni caso, sempre all'interno ad una produzione ancorata a quelli che sono i canoni del medium, allontanandosi dall'idea di creare qualcosa di più profondo, introspettivo (quella sorta di viaggio personale, ripetibile, ma sempre diverso sul piano squisitamente esperienziale), focalizzandosi, piuttosto sul raccontare una bella storia.
E, sempre parlando di gioco, non mancano semplici puzzle game ed alcune fasi platform, proprio a rimarcare quest'impossibile distacco (vuoi per inesperienza, vuoi per la volontà di non strafare finendo con l'incasinare il tutto) da quelle che sono le "reti di sicurezza" del genere, che possano quindi renderlo "divertente" (concetto ormai superato, ma ancora oggi da molti considerao come unico metro di paragone per un videogame) ed appetibile ai più, cercando perciò di evitare l'appellativo di "Walking simulator" tanto di moda negli ultimi anni.


Se si riesce, però, a chiudere un occhio su questo bisogno  quasi reverenziale di "scimmiottare" alcuni di quelli che sono i punti forti di un caposaldo della storia videoludica, emergono quelli che sono i veri pregi di AER.
Il gioco è definito dagli sviluppatori come "un'avventura d'atmosfera", e come dargli torto?
Durante tutto il corso della mia prova è emerso forte quel senso di libertà, di apertura ma, anche, di leggerezza e malinconia che, chiaramente, il team vuole trasmettere.
Pur se confinati in una mappa di dimensioni relativamente modeste ci si sente comunque liberi di librarsi in aria e vagare di isola in isola come degli uccelli. Questo grazie anche all'ottimo lavoro svolto sulle animazioni di Auk, un certo senso "soffici", quasi in balia delle correnti, come una delicata foglia al vento.
È difficile da spiegare questo senso di leggiadria fatto di lente piroette, passi in punta di piedi e movimenti fluidi, quasi innaturali, che però non stonano per nulla in questo specifico contesto.
Ovviamente tutto ciò fa il paio con il lavoro svolto sulle sezioni sotto forma di falco, pulite, dinamiche, mai fuori tono rispetto al resto dell'offerta, con l'unico neo della telecamera, che spesso si adopera in movimenti tutt'altro che precisi allargando e restringendo il campo senza un criterio ben definito.


Ad accompagnare il tutto troviamo sia una colonna sonora che si adatta dinamicamente alle nostre azioni, proponendo brani che esaltano quel senso di libertà a cui ho fatto cenno accompagnando, però, il tutto con una certa nota malinconica, sia un'art direction minimale e dai colori piatti e sgargianti assolutamente ispirata nella sua semplicità capace di trasmettere quella ferrea volontà di trasmettere uno specifico sentire: la meraviglia per la scoperta di un mondo antico, ricco di misteri che, mano a mano, si apre d'innanzi a noi.


Insomma, AER: memories of Old, seppur conservativo nelle meccaniche e forse un po' naïf, risulta godibile grazie a quel senso di libertà e di meraviglia che riesce a trasmettere, potenziati da una colonna sonora ed ad una direzione artistica azzeccate e ben realizzate.
Per cui, se siete appassionati delle avventure il cui fulcro è l'atmosfera provate a dargli una chance.


Come per l'articolo su Horizon, e per tutte le recensioni propostevi sino ad ora, ho utilizzato immagini scattate da me durante le mie prove. Anche questa volta, infatti, ho realizzato un'album che potete ammirare su imgur da questo link (non le troverete in altri modi visto che sono tutti album non elencati).

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