lunedì 6 novembre 2017

Horizon: Zero Dawn - Cosa non va nella scommessa di Guerrilla?


Avevo questo articolo in stallo da una vagonata di mesi. Ho deciso quindi di approfittare dell'uscita di "The Frozen Wilds" per proporvelo.
Questo pezzo nasce da un concetto ben preciso: io ho adorato Horizon: Zero Dawn. Il coraggio di Guerrilla Games, rintracciabile nella volontà di uscire dal proprio selciato, creando una nuova ip appartenente ad un genere totalmente estraneo al team di sviluppo (la software house, dopotutto, viene da una decennale esperienza nel campo degli sparatutto con Killzone), è per lo meno encomiabile.
Eppure questa "inesperienza" si sente in tante cose, dalle più piccole alle più grandi. Credo perciò che il modo più giusto per omaggiare questa produzione, e le figure dietro di essa, sia proprio quella di esporre quelli che sono a mio avviso gli errori e le mancanze della stessa (si tende troppo a parlare per estremi ultimamente, a riportare tutto al binomio capolavoro/schifezza e sinonimi, ragionando per bianchi e neri, ignorando un'enorme scala di grigi) così da poterne trarre beneficio e poter evitare "inciampi" nel lungo e avventuroso percorso che ancora attende Aloy, tutt'altro che prossima al traguardo.

Vi avviso che all'interno dell'articolo saranno presenti spoiler, sia testuali che visivi.


Come detto, in questo articolo andrò a sottolineare tutti quegli errori più o meno gravi - cercando di focalizzarmi su aspetti meno vistosi e messi sotto la lente da più parti - che hanno caratterizzato questo primo "salto nel buio".
Che poi parlare di salto nel buio è forse ingiusto, il dispiegamento di mezzi e risorse, tecnologiche e  umane, è considerevole. Per compensare all'inesperienza nel campo degli open world del team, quei furbacchioni di olandesi hanno ben pensato di ingaggiare figure di spicco del settore che hanno gravitato attorno a progetti del calibro di The Witcher 3 e Fallout Ne Vegas (piccolo spoiler, se dovessi riuscire a riprendere in mano il mio canale youtube, prima o poi dedicherò un video al Fallout migliore dell'era Bethesda).
Ovviamente, al primo tentativo, è improbabile raggiungere la perfezione, eppure i germogli per qualcosa di grandioso sono già spuntati. 
Pensiamo, ad una squadra di calcio blasonata giunta al termine di un ciclo e pronta a farne partire uno nuovo: fino all'anno precedente, magari, si giocava a memoria, si ottenevano dei risultati (e sì, a me Killzone piace nonostante i suoi difetti) ma è tempo di cambiamenti (giocatori vecchi, schemi prevedibili). Si decide perciò di rinnovare la rosa, l'assetto societario, puntando su forze fresche a cui vengono, magari, affiancati un paio di campioni con esperienza internazionale. Magari nel breve periodo non si vincerà nulla, ma si potrebbe lasciare un segno, lanciare un messaggio forte: "Noi ci siamo, e presto diventeremo grandi".
Ecco il mio articolo può essere visto come una sorta di "catalogo di consigli per un allenatore", un modo per dare il mio contributo a questa grandezza ora sfiorata, ma pienamente raggiungibile in futuro.


Direi che possiamo partire da quello che è il tratto distintivo del gioco, sin dai primi concept: le macchine.
Chi non rimase affascinato all'apparire del Thunderjaw? I robot zoomorfi di Horizon Zero Dawn sono qualcosa che non può non affascinare. Parliamo di quelli che possono essere considerati come dei veri e propri boss, richiedenti strategia, riflessi e abilità per poter essere sconfitti. Inoltre, grazie ad eccellente lavoro di character design (elemento da sempre distintivo della software house) e un'attenzione maniacale per il dettaglio, quelle che ci troviamo d'innanzi sono creature che sanno come lasciare il segno.
Eppure...
Eppure, già qui, di cose da dire ce ne sono.
La premessa, in questo senso, è fondamentale. Come detto, Horizon deve molto del suo successo alle sue creature meccaniche, ma, a causa di alcune ingenuità, l'ecosistema fatto di ingranaggi, tubi e luci a led perde colpi, pur conservando tutta la sua bellezza.


A prima vista, quello che non sembra mancare è la "biodiversità" (per quanto sia lecito parlare in questi termini in relazione a dei robot), nel corso dell'avventura, infatti, Aloy si troverà a stretto contatto con 25 tipologie diverse di esseri meccanici delle più svariate dimensioni ma nonostante ciò, arrivati a circa un terzo della campagna (presumendo di aver raggiunto la città di Meridian) avevo già visto tutto quello che questa features avesse da offrire (credo che mancasse soltanto il Deathbringer, per motivi di trama). Questo spezza un po' quel senso di stupore, fondamentale quando si ha a che fare con una produzione del genere, che fa della magnificenza delle sue macchine una colonna portante.
A tal proposito, la mia idea è quella di ridistribuire le aree d'influenza di ognuna di esse, in modo da mantenere sempre alta l'attenzione degli utenti.
E, a non aiutare, in tal senso, è il riciclo di alcuni modelli, o l'eccessiva similarità tra alcuni di essi.

E qui entra in gioco il bestiario.
Tale feature è, in gran parte, ben realizzata, grazie sopratutto alla ricchezza di dettagli enciclopedici che caratterizzano le descrizioni delle "belve", in grado di rendere chiare al giocatore tutte quelle informazioni necessarie ad affrontare al meglio ogni minaccia.
Fa storcere, quindi, un po' il naso il fatto che siano presenti tutte le siluette delle creature non registrate ma che, sopratutto, tra queste figurino anche elementi come "macchine corrotte", che sono le stesse creature già incontrate ma semplicemente corrotte da un certo "virus", andando, a conti fatti, a diminuire il numero effettivo di specie meccaniche che incontreremo. È un po' come imbrogliare.

Tutto questo, ovviamente ci porta ad una conclusione: più creature e più varietà (che ad onor del vero non manca, assolutamente, ma il riciclo di alcuni modelli si fa comunque sentire) che non può che far bene, se, e questo credo sia scontato, alla quantità si accompagni, sopratutto, la qualità.

A mancare, poi, sono delle vere e proprie bestie uniche. 
Non parlo esplicitamente di boss, proprio perché, come detto prima, ogni scontro con nemici di medie o grandi dimensioni potrebbe essere considerato come una sorta di bossfight. Quello che non troveremo però sono le vere e proprie rarità. 
La cosa più vicina a questo concetto è, probabilmente, Redmaw che, a conti fatti, è semplicemente un Thunderjaw più forte. Si rientra quindi in quel discorso legato al fascino della scoperta e alla meraviglia del trovarsi d'innanzi a qualcosa di unico e che potrà essere ammirato soltanto in determinate occasioni (particolari missioni di caccia di alto livello, momenti della campagna) ma che, purtroppo, in questo primo capitolo latita.

Ma non possono esimermi dal dire la mia sul discorso respown delle macchine. È davvero fastidioso vedere la stessa creatura meccanica rispuntar fuori nel medesimo punto, con la medesima routine, con un intervallo di tempo minimo tra l'abbattimento e la "resurrezione" della stessa, spesso equivalente ad un semplice spostamento rapido di falò in falò (The Legend of Zelda: Breath of the Wild ovvia al problema con la "Luna Rossa"). È vero, ci si può giustificare con il fatto che dietro ad esse ci sia un'intelligenza artificiale finalizzata ad uno scopo ben preciso, e che si tenti di ricalcare la territorialità delle specie prese a modello, ma per come tutto questo viene riproposto all'interno del gioco risulta fin troppo statico e poco credibile. Sarebbe bello vedere delle "transumanze" delle specie erbivore - alla ricerca costante di nuove aree di estrazione per le materie prime - o dei nuovi "predatori" che vanno a sostituire i vecchi in una determinata zona, o che, perlomeno, varino le azioni compiute dai vecchi modelli (il massimo sarebbe prendere esempio da opere come Echo o Alien: Isolation, che fanno dell'adattabilità dell'i.a. nemica un punto di forza). Vedere sempre lo stesso Thunderjaw muoversi in cerchio, sempre nel medesimo punto, non è proprio il massimo. In sostanza potremmo parlare di una sorta di eventi casuali (argomento che riprenderò più in basso) legati alle meccaniche dei robot che potrebbero raggiungere l'apice con un sistema che possa prendere spunto da quel Nemesis che ha permesso ai due capitoli de L'ombra di Mordor e della Guerra di ritagliarsi uno spazio nel mercato odierno.


Un ultima cosa per concludere il discorso "macchine" è sicuramente quello legato alla realizzazione di un ecosistema davvero vivo (vi avviso qui farò alcuni importanti spoiler sulla trama del gioco, vi invito quindi a riprendere la lettura a partire dalla prossima immagine, nel caso non aveste ancora portato a termine l'avventura di Aloy).

Ed anzi, detto così, potrebbe risultare un discorso superficiale. Come sappiamo, gran parte delle entità più massicce, come il Thunderjaw o lo Stormbird o anche di più piccola taglia come il Secodonte, sono più affini a delle vere proprie macchine da guerra che a dei predatori, risposta di "Efesto" alla presenza umana nell'area dei calderoni, avendoli erroneamente interpretati come una minaccia a causa di Ares.

Ma si sente la mancanza di una specie di "catena alimentare" dei robot, che però non andrebbe declinata come un semplice "pesce grosso" che caccia il più piccolo, ma piuttosto come una sorta di organizzazione gerarchica, con specie dominanti ed altre di supporto.
Ne abbiamo avuto alcuni assaggi, sopratutto con le sentinelle a proteggere i trasporti o i branchi di "erbivori" impegnati nella raccolta di risorse, o ancora con la categoria degli "spazzini", il cui scopo è quello di razziare le carcasse delle macchine distrutte.

Ma è ancora tutto molto meccanico (sembra assurdo dirlo), schematico e localizzato. Mancano insomma tutti quegli elementi che rendono davvero credibile tutto questo. 
Vedere gli Smerigli, gli avvoltoi, piombare su una carcassa, acquisire materiali, e volare in direzione di un calderone sarebbe sicuramente più credibile rispetto all'attuale sistema che li lascia incatenati ad una precisa zona, e renderebbe il mondo di gioco più vivo.
E questo è soltanto un piccolo esempio.

Questo mi rende, perciò, ancora più curioso per quelli che potrebbero essere gli sviluppi in un sequel dove l'influenza di Ares, che rendeva le macchine particolarmente aggressive, è drasticamente diminuita. In sostanza, se nel primo, per esigenze di trama, ogni robot - o quasi - attacca a vista, sarebbe piacevole osservare uno concreto distacco - non totale - da questa struttura, in favore di qualcosa più "bilanciato", più variabile, in base alla tipologia di macchina con cui avremo a che fare ed in rapporto ad una situazione specifica.


Insomma, attenzione per i dettagli come parola chiave. Dettagli che permettono un'immersione maggiore nel mondo di gioco e scansano, in un certo senso, quel velato sentore di noia che potrebbe nascere in alcuni giocatori che si ritrovano ad osservare comportamenti schematici e ripetitivi  nell'universo sandbox nel quale hanno deciso di calarsi.

In realtà questa cura c'è, non sto assolutamente insinuando che manchi una certa puntigliosità nel gioco, ma che si potrebbe fare di più, molto di più (è lo scopo di questo articolo, in fondo).

Parliamo, ad esempio degli accampamenti delle varie tribù "amichevoli". Vi siete mai fatti un giro in un villaggio Nora? Ecco, facendo due passi, dopo essere rimasti abbagliati dal meraviglioso spettacolo imbastito da Guerrilla, vi renderete conto di alcune cose: i modelli dei personaggi si ripetono con troppa frequenza (ho persino trovato due tizi barbuti dai capelli rossi, perfettamente identici, seduti fianco a fianco allo stesso tavolo), l'interazione con gli ambienti di gioco è praticamente nulla (se si escludono i bersagli di paia da distruggere) e l'uso delle armi è gestito in maniera orribile.

Se per i primi due punti le soluzioni credo siano molto semplici - aumentando il numero dei modelli disponibili o impostando un algoritmo che va a migliorare le possibili combinazioni di elementi per gli stessi, nel primo, e aumentando gli elementi con cui poter interagire, nel secondo - per il terzo punto voglio spendere qualche parola in più, dato che è una sorta di summa di tutti e tre.

Sembra che questo elemento abbia mandato in crisi il team di sviluppo che ha finito con il fare la scelta più insipida. Abbiamo il permesso di portare e, sopratutto, utilizzare all'interno degli insediamenti il nostro arsenale, ma questo, esclusion fatta per i fantocci da allenamento, non avrà alcun tipo di ripercussione sulla nostra esperienza, specie per quanto riguarda il comportamento degli abitanti in relazione ad una ragazza (tra l'altro, almeno inizialmente, non vista di buon occhio dalla tribù) che può mettersi liberamente a tirar frecce in ogni direzione.
Probabilmente il punto più basso in tal senso lo si raggiunge scagliando i dardi contro un qualsiasi NPC. L'effetto finale è alquanto deludente. La freccia, infatti, pur mantenendo una sua fisicità, non sortirà alcun effetto, rimanendo incastonata nel cranio di un povero malcapitato che, però, continuerà a svolgere le sue normali mansioni. Altrettanto faranno anche tutti gli altri nelle sue vicinanze.

Le soluzioni sono molte: dal semplice impedirci l'utilizzo di qualsiasi arco, lancia e affini all'interno degli insediamenti sicuri (risolvendo così il problema alla radice); rendendo impossibile puntare la nostra arma verso qualche povero malcapitato; rendere effettivamente reattivi gli abitanti, fra gente presa dal panico per il ferimento di un povero (o povera) disgraziato, cacciatori che tentano di immobilizzarci (una manovra graduale che non porti subito alla nostra morte come possibile soluzione sarebbe cosa ancor più gradita) e con forti ripercussioni sulla nostra reputazione nei confronti di una specifica fazione.

In questo senso, le possibilità non mancano ma forse la fretta e le scadenze non hanno permesso questa rifinitura.


Ma non pensate che con gli NPC sia finita qui. Nel 2017 è, quantomeno, anacronistico avere ancora a che fare con personaggi che, per richiamare l'attenzione del giocatore, continuino, incessantemente a ripetere a pappagallo e a mitraglia la stessa frase. Anche in questo caso, si può ovviare al problema in molti modi, sfruttando - giusto per dirne una - le tecnologie in dotazione ad Aloy per poter creare a schermo un indicatore facile da identificare così da non perdere di vista chi sta cercando di farsi notare da noi. Oppure, per lo meno, aumentando il numero di frasi disponibili durante questi incontri.

Dal mio punto di vista, è però ancor più grave, quel genere di situazioni in cui siamo chiamati ad eliminare un determinato bersaglio, lo abbiamo a tiro sin dalle prime battute ma, per esigenze di script, i nostri dardi non sortiranno alcun effetto tranne che in casi specifici, dando vita ad un effetto innaturale (e anche brutto da vedere in quest'epoca) non dissimile da quello cui abbiamo fatto cenno parlando degli accampamenti. Giuro, mi è successo.

Per quanto, poi, riguarda le intelligenze artificiali dei nemici umani, non credo ci sia bisogno di soffermarmi sin troppo sull'argomento, visto che è forse uno di quelli maggiormente sviscerati in sede di recensione da testate e figure ben più accreditate e competenti di me.
L'unico consiglio che voglio dare è quello, piuttosto di migliorare le capacità stealth di Aloy e, sopratutto, di mettere un freno a quell'effetto "trenino di morte" a cui possiamo dar vita con un semplice fischio da un cespuglio.


Credo che, a questo punto, sia naturale passare alla struttura delle missioni.
Il vantaggio di Zero Dawn è quello di essere caratterizzato da una storia di formazione, con una giovane protagonista alla scoperta di un mondo a lei del tutto "alieno", alla continua ricerca di risposte legate ad eventi più grandi di lei. 
Questo ha fornito una discreta libertà di approccio al genere degli open world al team di sviluppo, in quanto non assillati, per la maggior parte del tempo, da urgenze chiare che potessero entrare in conflitto con l'esplorazione (almeno per più della prima metà dell'avventura). Aloy, in fondo, si sposta in territori inesplorati dalla sua tribù, raccogliendo informazioni e potendosi, nel frattempo, permettere di poter portare aiuto a chi ne avesse bisogno, cercando, al contempo, di creare legami e farsi una reputazione.
Questo, funziona, in un contesto del genere, ma risulta difficile da riproporre in maniera credibile in un secondo capitolo, con una protagonista ormai matura e con molte più nozioni nel suo bagaglio culturale.
Sarà quindi necessario rendere il tutto più armonico, snellendo l'offerta ludica (molte missioni secondarie sembrano inserite un po' forzatamente), e migliorare alcuni aspetti macchinosi ed elementari che caratterizzano questo comparto.

Un errore in cui cadono spesso i titoli sandbox è proprio quello di soffocare il mondo di gioco con icone ed attività spesso superflue e decontestualizzate. Guerrilla Games non è riuscita a sfuggire da questo circolo vizioso, per ora, ma, come detto poc'anzi, è riuscita a mascherare quello che è un escamotage ormai stra abusato - aumentare la longevità di un prodotto con quest secondarie spesso discutibili - grazie ad un espediente narrativo adeguato. Il prezzo da pagare? Il fatto che la storia inizi ad accelerare soltanto nell'ultimo terzo, dove tutto il fascino dell'universo di Horizon comincia a venire a galla.
Purtroppo, questa carta può essere giocata con efficacia una sola volta. La speranza è quella di riuscire a sganciarsi da quella che è ormai la logica produttiva delle opere di genere offrendo più omogeneità contenutistica e meno "massa", dal punto di vista delle attività disponibili.

Si potrebbe partire da un presupposto, molto semplice e diretto (e da lì lavorare per sottrazione): rendere coerenti i rapporti di causa-effetto nel corso dei vari compiti assegnatici e durante dialoghi dimostratisi non sempre di qualità.
Cadono le braccia, ad esempio, nel vedere la nostra eroina restare sorpresa o basita nell'apprendere informazioni già in suo possesso, oppure nel rendersi conto di dover portare a termine dei compiti che abbiamo già svolto di nostra iniziativa ma che saremo costretti a rifare per semplici necessità narrative.
Insomma, errori ormai obsoleti nel 2017.


Parlando di missioni, mi sembra doveroso aprire una grossa parentesi su quelli che sono le scene di dialogo. 
Horizon Zero Dawn non è un titolo in cui le scelte multiple hanno conseguenze di rilievo: sono in numero ridotto e sono finalizzate a caratterizzare Aloy più che a creare bivi narrativi (scelta che ho apprezzato molto). Perché dico questo? Perché le animazioni statiche e poco credibili dei personaggi nel momento in cui si ritrovano a parlare con la protagonista (escluse le cut scene pre-renderizzate ovviamente, ma anche su quelle ho un paio di cose da dire) sono un vero e proprio pugno nello stomaco. E questo è accettabile in titoli come Mass Effect dove la grande varietà di alternative di certo tende a non fare uso del motion capture (per questioni economiche e logistiche), ma lo è meno quando ci troviamo ad avere a che fare con un blocbuster dalle linee guida della sceneggiatura bene definite.
Le espressioni son poche e trasmettono anche meno e, per via di una regia virtuale non troppo accorta, spesso assistiamo a stacchi di telecamera per nascondere delle interazioni semplici ma mal proposte che si accompagnano a pose poco credibili (i personaggi in punto di morte, più che agonizzare, sembra che stiano prendendo il sole appoggiati su un fianco). Anche Aloy, seppur in maniera molto meno marcata, non sfugge del tutto a questo problema.

E per favore, mettiamo un freno all'abuso di dialoghi ripetuti all'interno degli open world. È sicuramente preferibile impedire al giocatore di chiedere nuovamente "udienza" ad un NPC piuttosto che sentir ripetere di continuo la stessa frase. 
In questo forse i più fastidiosi sono i "mercati speciali". Parliamo di personaggi con cui, una volta soddisfatte le loro richieste, non dovremmo più avere nulla a che fare, eppure continueranno ad attirare la nostra attenzione passando nelle loro vicinanze ma, all'atto pratico, non avranno nulla da dirci. 

Spostandoci, invece, sulle cut-scene vere e proprie, mi preme sottolineare quello che è a tutti gli effetti un errore da principale (trascurabile quando non si ha a che fare con risorse di un certo tipo ma di rilievo nel caso di produzioni mastodontiche come questa). In alcuni filmati, Aloy indossa gli abiti equipaggiati dal giocatore, mentre in altri ha i suoi indumenti "standard". Una svista potremmo dire, ripetuta più volte però e, sopratutto, recidiva.
Eh sì, Guerrilla Games non è nuova a questo tipo di errori: Killzone 3  non mi son mica dimenticato di te (ancor più grave in questo caso, non potendo essere apportata alcuna modifica estetica dall'utente).

Allo stesso modo, ormai arretrati risultano gli stacchi sul nero per i passaggi tra le fasi giocate e quelle dialogiche, che spesso portano ad un taglio netto tra le nostre azioni pad alla mano e quello che ammiriamo a schermo una volta che il filmato - o lo scambio di battute - prende il via (è brutto assistere a dialoghi che si svolgono in punti diversi rispetto a dove ci troviamo, soltanto per permettere agli sviluppatori di riposizionare il nostro avatar nel punto da loro scelto). Manca quella fluidità e quel dinamismo che hanno reso ancor più affascinante una produzione come, ad esempio, Uncharted 4 (certo, ci sono degli opportuni distinguo di genere e di struttura da fare, ma prendere più spunti possibili e riadattarli al proprio contesto non fa, di certo, male).


Mentre mi appuntavo tutti i vari aspetti che avrei voluto trattare in questo pezzo, ce n'è uno più ricorrente degli altri (per la foga di ricordarmi le cose, negli elenchi tendo a ripetermi senza volerlo, ma pensi si noti anche dal mio modo di scrivere): gli eventi casuali.
Il mondo di Horizon sembra, in qualche modo, figlio di quelle stesse intelligenze artificiali che lo rendono vivo. Lo so, detta così sembra una gran figata coerente con il contesto narrativo, eppure non è così.
A quanto pare, non esistono eventi casuali, e quelli che sembrano essere tali, come carretti rotti, carcasse di macchine, convogli di robot in marcia, agguati a poveri viandanti ed altro ancora, sono in realtà "preconfezionati". Nello stesso punto passerà sempre il medesimo convoglio e sempre lo stesso povero disgraziato subirà, più volte (e nella stessa direzione), lo stesso agguato da parte di un gruppo di predoni. 
Le opzioni a questo punto son due: o il sistema viene migliorato, rendendo il tutto davvero randomico ed il più possibile variegato, oppure viene bloccata la ripetizione di quelli già avvenuti. Di sicuro creare un loop è l'unica cosa da non rifare.


Ovviamente un discorso a parte lo merita di certo Aloy.
L'eroina creata dal team olandese ha lasciato il segno. È una donna forte, indipendente, sarcastica, curiosa, ma di sicuro femminile, capace di reggere la scena con il suo carattere senza il bisogno di una figura maschile al suo fianco o, come spesso accade, di quelle caratteristiche sensuali che spesso tendono ad essere sovraesposte: Aloy è bella ma è priva di quella carica erotica che spesso mal si coniuga con la volontà di far emergere un personaggio (non sempre, ovviamente. Basta pensare a Bayonetta e Catherine, giusto per chiamarne in causa un paio).

Eppure, anche su di lei qualche appuntino ho da farlo. Come per tutto il resto, voglio focalizzarmi su delle piccolezze, quegli elementi ritenuti marginali ma che, se trattati con il giusto piglio, danno maggior risalto a tutta l'esperienza.

Sembrerà stupido, ma quello che mi preme maggiormente è trattare due aspetti precisi, uno ludico e l'altro estetico.
Il primo riguarda la gestione degli appigli e le sporgenze. Le scalate sono insoddisfacenti, fin troppo guidate. Ma non fraintendetemi, non mi riferisco alla difficoltà dell'arrampicata (uno dei miei giochi preferiti è Enslaved: Odyssey to the West, le fasi platform semplificate non mi hanno mai creato problemi di alcun tipo) bensì alla poca credibilità di costoni di roccia con sporgenze "naturali" sin troppo geometriche e comode da raggiungere.
In questo caso la soluzione non è di certo quella di seguire l'esempio di Breath of the Wild, il contesto, infatti, non permette, di emulare l'arrampicata a mani nude di Link (in un mondo fantasy è credibile usare gli arti come picconi, in uno post-apocalittico no), ma piuttosto trovare un compromesso. Si può creare una maggiore varietà di appigli, meno espliciti e guidati, oppure fornire ad Aloy degli strumenti (chiodi da roccia, guanti idraulici, ecc...) per poter affrontare la scalata.

Con le sporgenze, invece, mi riferisco sopratutto alle riemersioni dall'acqua. Apparentemente, se lo spessore di una superficie, rispetto al livello dell'acqua, supera una determinata misura (una manciata di centimetri) l'avatar va in crisi e non riesce a riemergere.
Qui ho poco da dire, credo sia ovvio il come risolvere il problema.

Parlavo però anche di estetica e, nello specifico, delle armi equipaggiate da Aloy. La ruota delle armi permette di portare attivamente con sé quattro strumenti. Il problema è che essi appariranno magicamente sulla schiena della protagonista. 
Lo so, una sciocchezza (come vi avevo anticipato), ma alla quale si potrebbe provare a porre rimedio. Ad esempio, raggruppando tutti gli archi sotto un'unica categoria polifunzionale e riducendo le dimensioni delle altre tipologie. La tecnologia, sopratutto nella fiorente Meridian, fa passi da gigante e quindi creare versioni più piccole dello sparacorde, ad esempio, non dovrebbe essere un grosso problema. Così da permetterne l'esposizione sulla schiena e sui fianchi di Aloy in maniera credibile.
Lo so, un capriccio ma farlo notare non costa nulla.

Così come non costa nulla realizzare una fibbia per le stesse armi in modo tale che non sembrino attaccate per magia al corpo della nostra rossa preferita.


Voglio concludere questa lunga e confusionaria arringa accusatoria nei confronti del mio adorato Horizon con una critica alla battaglia finale.
Ecco, questo è un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che ho già trattato (anche in quel caso, non una delle mie migliori performance testuali) quando vi parlai dell'epilogo di Mass Effect 3.
Lo scontro aperto su vasta scala è una trappola nella quale, purtroppo, spesso cadono molti action adventure ed rpg, open world o meno che siano, e neanche la nuova ip di Guerrilla, purtroppo, è riuscita a sfuggirvi.

Ares assedia Meridian con i suoi mech da guerra, il re mobilita tutte le forze, i nostri alleati - incontrati nel corso dell'avventura - giungono i nostro soccorso, siamo pronti a respingere il nemico: noi, una manciata di personaggi secondari e, se ci va di culo, due soldati...
Capite che qualcosa non va? 
Ogni volta io ci spero. Ogni volta prego di non trovarmi in un one man/woman show in cui saremo chiamati ad affrontare da soli (o con un un paio di compagni, vedasi ME3) una forza nemica schiacciante, ed il solo sprazzo di battaglia campale che possiamo ammirare sono un paio di pixel in bassa risoluzione che si menano sullo sfondo (mi sogno ancora i marines dell'Alleanza in marcia per le strade di Londra).
Lo scontro con Ares, a dirla tutta, mantiene una certa dignità ed epicità, ma questo non basta per dire "ehi abbiamo messo in campo 10 soldati, abbiamo fatto una battaglia!". Avete presente le scaramucce, in Skyrim, tra Manto della tempesta ed Imperiali spacciate per scontri tra eserciti perché venivano accompagnati da urla e colpi di spada ridicolmente poco credibili? Ecco, abbiamo fatto un passo avanti, ma non troppo lungo.
Speriamo, perciò, che la prossima volta sia quella buona.


Ed eccoci giunti alla fine. Io spero di non aver fatto passare un messaggio sbagliato con questo articolo. Horizon: Zero Dawn è un gioco che ho atteso a lungo e che ha rispettato le mie aspettative, assicurandosi un posto tra i miei titoli di quest'anno ed in assoluto. Ma è lontano dalla perfezione (come dissi all'inizio, si tende troppo a gridare al capolavoro o al disastro, e questo è quanto di più controproducente si possa fare) e lo scopo di tutto ciò e proprio quello di offrire il mio contributo per aiutare Guerrilla Games a far sbocciare del tutto sia il proprio talento che, sopratutto, il potenziale di questa nuova proprietà intellettuale.
Per farlo mi son concentrato sopratutto su aspetti secondari, magari tralasciati dai più in favore di elementi più vistosi come, ad esempio, l'i.a. dei nemici umani, o alcuni problemi legati al comparto tecnico.
Ovviamente quelli da me trattati sono elementi che mi premevano particolarmente, ce ne potrebbero molti altri che potrei aver del tutto ignorato, perché effettivamente irrilevanti o perché poco importanti per me (o perché son pigro e non avrei finito di scrivere prima di Natale altrimenti).
Insomma spero che lo sforzo possa servire a qualcosa.
Alla prossima.


Ah, quasi dimenticavo! Tutte le immagini che accompagnano l'articolo sono state scattate da me nel corso della mia avventura con Aloy. Ma sono soltanto una minima, infinitesimale, parte. Per cui ho deciso di raccoglierle tutte in un album che potete visionare QUI.

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