Ed eccoci tornati, dopo diverso tempo, sulle recensioni. Anche oggi mi muovo su un terreno poco agevole per me, quello delle avventure grafiche punta e clicca. Eh sì, dopo i puzzle game in prima persona (giusto per semplificare la definizione di Obduction) ho deciso di tentare la sorte con un genere con il quale, paradossalmente, ho sì poca affinità ma che, al contempo, ha fatto sbocciare il mio amore per il mondo delle produzioni indipendenti (a testimonianza di ciò c'è il mio video dedicato a Machinarium).
Questa volta, la mia lente d'ingrandimento si focalizzerà su The Inner World - The last Wind Monk, sequel di The Inner World, titolo sviluppato dal team tedesco Studio Fizbin (fatevi un giro anche sul loro sito, visto che è alquanto figo).
La versione da me testata è quella per Playstation 4 (importante sottolinearlo, specie in rapporto alle meccaniche di gioco).
Ci tengo a sottolineare il fatto che The last Wind Monk sia un sequel per un motivo molto semplice: io non ho mai messo mano al gioco originale. Ma questo, come vedremo presto, non è un grande problema come potrebbe sembrare, visto il forte elemento di continuità narrativa tra i due capitoli.
Il gioco, infatti, prende il via ricollegandosi direttamente alla conclusione del prequel. Dopo la sconfitta del perfido dittatore Conroy, il nostro eroe, Robert - legittimo erede al trono del regno di Asposia - si risveglia da un sogno "di pietra" di ben tre anni.
Molte cose sono cambiate da quando portò a termine la sua impresa e non tutto è andato come auspicato.
La stirpe dei Naso a Flauto, che hanno il compito di suonare le musiche del vento per permettere alle correnti del loro mondo di fuoriuscire dalle "Fontane del Vento" così da garantire la sopravvivenza degli abitanti, sono vittima di una sorta di caccia alle streghe da parte di un gruppo estremista (con chiari rimandi al nazismo) guidati dal mentalmente instabile Emil.
La loro colpa? Beh, secondo il leader, è quella di aver ucciso Conroy (a suo dire vero protettore di Asposia). Toccherà, perciò, a Robert risolvere la situazione, imbarcandosi in un'avventura a dir poco bizzarra.
Confusi? È naturale tranquilli. In fondo vi ho parlato di nasi a flauto, fontane del vento, nazisti, gente tramutata in pietra, è naturale sentirsi un po' spaesati, specie se ci si butta a capofitto sul sequel senza aver mai messo mano all'originale (solitamente più incline al world building e alla messa in chiaro delle sue regole).
Eppure, uno dei plausi da fare alla software house è quello di essere stata in grado di imbastire una trama ed un mondo di gioco in grado di non rendere traumatico per il giocatore l'ingresso anche da qui.
Ovviamente molti aspetti vengono dati per scontati o trattati superficialmente (per non rischiare l'effetto "spiegone"), eppure si entra subito nel mood dell'avventura, i personaggi ci sembrano sin da subito familiari, grazie ad una caratterizzazione sì stereotipata e caricaturale ma perfettamente riuscita. Robert, Laura, Emil e molte altre figure secondari emergono, riescono a lasciarsi apprezzare e a imprimere la loro immagine nella mente dell'utente sin dalla loro prima comparsa.
Di sicuro, a saltare subito all'occhio è il comparto artistico della produzione. Non ci si scosta, come logico che sia, da quelle che sono le linee guida del primo episodio (così non ho bisogno di stare a scomodare confronti che, purtroppo, mi sono impossibili per il solito motivo) e questo è di certo un bene. Il character design dei personaggi è ispirato, pur nella sua semplicità. L'estrema vena caricaturale dei modelli si abbina alla perfezione con quel tono fortemente ironico e, in parte, delirante della produzione grazie a forme esagerate e bizzarre che finiscono con lo sfociare in sovrapposizioni di livelli e capovolgimenti dei piani: trovarsi a testa in giù in una stazione risulta, perciò, del tutto normale, pur non conoscendo a fondo le regole che controllano il mondo di gioco.
In questo senso, se proprio dovessi fare un appunto, le texture degli sfondi calano drasticamente di qualità durante i primi piani nel corso dei filmati.
Passando poi al gameplay, quella con cui ci troviamo a fare i conti è un'avventura grafica di stampo classico, un punta e clicca insomma, ma adattato anche per la fruizione tramite console.
Togliamoci subito il dente: la soluzione adottata dal team di sviluppo per rendere fruibile tramite controller un sistema estremamente legato all'accoppiata mouse-tastiera non è delle più felici.
Mentre la gestione dell'inventario e dei vari menù d'azione funzionano piuttosto bene, altrettanto non si può dire delle meccaniche d'interazione con lo scenario. Ogni qual volta che ci troviamo ad interagire con elementi dello scenario (a prescindere dalla loro distanza dal personaggio) dovremo sempre premere un apposito tasto e poi scorrere i vari punti (che sono ristretti ad un'area limitata attorno al nostro avatar) fino a selezionare quello da noi desiderato. Una gestione molto macchinosa delle interazioni insomma ma che è delimitata soltanto alle versioni console del gioco.
Quando, però, si parla di quello che è il cuore pulsante del gioco, non si può che fare un plauso ai ragazzi di Fizbin.
La creatività è la prima regola, da buona avventura grafica che si rispetti. saremo, infatti, chiamati a spremere le meningi, ad uscire da schemi logici tradizionali spesso e volentieri e a sfruttare tutte le aree a nostra disposizione nei 6 macro-livelli.
Fondamentale, in questo senso, è la raccolta di indizi analizzando la zona circostante e dialogando con i vari e stravaganti NPC, senza dimenticare di sperimentare ogni possibile e stramba opzione mescolando gli strumenti raccolti lungo il percorso.
A circa metà avventura, inoltre cominceremo ad accumulare alcune composizioni musicali che Robert potrà eseguire con il suo naso, così da variegare l'offerta dei rompicapi.
In realtà, ad essere pignoli, si potrebbe puntualizzare che spesso si eccede sin troppo con la creatività richiesta per risolvere alcuni enigmi, resi sin troppo complessi dagli astrusi complessi di abbinamento multiplo e di andirivieni da un'area all'altra. Un aiutino, in questi casi, è quindi concesso.
Il sistema di suggerimenti presenti nel titolo è ben realizzato. Il concetto alla base è quello di non far sentire il giocatore soverchiato da un'enigma e concedendo, mano a mano, indizi sempre più espliciti. Insomma, se siete dei pigri potrete premere "X" all'impazzata sino a ricevere la soluzione completa, altrimenti potrete optare per delle piccole indicazioni che possano attivare in voi il processo mentale più consono alla situazione.
The Inner Wolrd - The last Wind Monk è sicuramente una produzione che farà la gioia degli amanti delle opere di genere ma, anche, i neofiti. Risulta estremamente leggero e godibile anche se non si sia mai messo mano al capitolo originale, grazie alla sua ironia (che, seppur scanzonata, si lascia andare a momenti più cupi ma ben contestualizzati), alla sua direzione artistica ispirata e ai suoi enigmi, capaci di smuovere la creatività di qualsiasi giocatore.
In sunto, a meno che le avventure grafiche non siano per voi un veleno, provate a dargli una chance (magari recuperando anche il primo capitolo).
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