venerdì 17 aprile 2015

Chappie: anche gli androidi sognano di pecore elettriche?

Oh! Come dissi al tempo del primo articolo del blog, io mi occuperò in questo mio spazio personalissimo anche di cinema, in fondo è la mia materia di studio in università.

In realtà, quella delle recensioni cinematografiche, è un pallino che ho da diverso tempo avendo anche creato una playlist sul mio canale youtube completamente finalizzata a questo scopo.



Ho deciso però di approfittare della visione del film di cui vi andrò a parlare oggi proprio per avviare anche una, spero prolifica (ma con me non si sa mai), serie di review scritte a tema cinematografico.


La scelta per il mio debutto è quindi ricaduta su Chappie (Sì non oso minimamente chiamarlo con il titolo datogli qui da noi, è un insulto a tutto quello che questo film rappresenta! E già ho sofferto troppo a doverlo pronunciare quando sono andato alla cassa a prendere il biglietto), pellicola da me tanto attesa su cui avevo grosse aspettative, visto il pedigree di Neill Blomkamp (regista del film e autore di District 9) e vista la forte carica emotiva scatenata dal primo trailer del film.



Voglio questa Locandina!
Prima di iniziare con la recensione vera e propria vorrei, infatti, parlarvi del marketing di questa pellicola. Dopo un primissimo trailer  dove le scene da blockbuster Hollywoodiano cedono il passo ad una poetica riflessiva e dai toni più delicati, si è deciso di puntare più su un tipo di marketing affine ad un pubblico abituato alle esplosioni e all'azione ignorante che, in un prodotto del genere potevano essere tranquillamente ridimensionate. E così via con Boom e Pew,pew a destra e sinistra che vanno a far perdere quella particolarità dell'opera che finisce con l'omologarsi, nel pensiero del possibile spettatore, ai canoni del classico film mainstream americano a cui siamo abituati ormai da decenni (e i dati al botteghino non troppo confortanti avvalorano questa sconfortante tesi).



Ma passiamo oltre, soffermarsi sul come si riesca a far affossare un opera dal grande potenziale con del semplice marketing sbagliato è un argomento ormai più che sdoganato, meglio quindi concentrarsi su quello
che è il film vero e proprio, cercando nel mio piccolo di invogliare altri a scoprire questo gioiellino.

Metto subito le mani avanti, questo non è il miglior film di Blomkamp, ma neanche il peggiore. Diciamo che riesce ad attestarsi a metà strada tra District 9 ed Elysium, ma tendendo più verso il primo, fortunatamente.
Finalmente vengono abbandonate tutte quelle riflessioni pseudo politiche sulla classica lotta sociale tra ricchi e poveri che hanno caratterizzato il precedente film con Matt Damon, in favore di una riflessione più filosofica sul senso della vita e sull'etica.

 Il regista sudafricano torna nei luoghi che gli sono più cari, rivediamo quindi Johannesburg, la stessa che abbiamo potuto ammirare nell'attuale punta di diamante del caro Neill, ossia District 9. Una città in sfacelo, in cui il crimine è all'ordine del giorno e la legge non è in grado di far nulla per contenere quella che è una vera e propria piaga sociale.

Ed è in questo scenario di completa anarchia che inizia la storia di che vedrà come protagonista il robot Chappie (non ho volutamente voluto utilizzare il termine androide), interpretato dall'attore feticcio di Blomkamp, ossia Sharlto Copley.

Siamo in un futuro più che prossimo, 2016 per la precisione, e la città sudafricana è in balia di bande armate, trafficanti di droga e criminali da due soldi che cercano di tirare avanti compiendo qualche furto; per far fronte al problema viene attuato un nuovo programma che possa sostenere l'azione delle forze dell'ordine che prevede l'utilizzo di una serie di robot denominati Scout (molto simili nel design a quelli visti in Elysium) in grado di poter agire in ogni scenario di guerriglia urbana. Il suo inventore Deon Wilson (interpretato da Dev Patel) vuole però andare ben oltre. Il suo obiettivo è infatti quello di creare una vera e propria intelligenza artificiale senziente. Approfitterà quindi della carcassa di uno Scout destinato alla rottamazione per questo esperimento, durante il quale finirà tra le grinfie della gang di Ninja,Yolandi (interpretati dagli omonimi componenti della band Sud Africana dei Die Antwoord) e America, intenti a sfruttare le competenze dello scienziato per il proprio tornaconto. Sotto la minaccia dello sgangherato trio, Deon porterà a termine il suo progetto dando vita a Chappie.


Chappie è sostanzialmente l'equivalente di un bambino, con la differenza che è in grado di apprendere, e quindi "crescere", ad una velocità incredibilmente più elevata. Inizierà così il suo viaggio alla scoperta di un mondo che lo metterà a contatto con tutto ciò che la vita ha da offrire che permetterà la crescita sua e  di tutti coloro che gli saranno vicini.
Lui è la pecora nera, il diverso che è alla ricerca di sé stesso in un viaggio che porterà lo spettatore a riflessioni di carattere più alto su confine tra ciò che può essere definito come vita e ciò che invece non lo è.

Stona quindi in questo contesto quello che è il villain del film, incarnato dal bigotto inventore Vincent Moore. Il cattivone interpretato Hugh Jackman è palesemente fuori luogo, inserito goffamente in un contesto che riuscirebbe a reggersi benissimo in piedi anche in sua assenza. Questo suo esistere viene però in parte giustificato con scelte di sceneggiatura che riescono a creargli una certa nicchia narrativa che lo identifica come un deus ex machina di una vicenda un po' forzata. Insomma, è palese come il personaggio di Vincent sia stato inserito al solo scopo di creare scene d'azione capaci di attirare il pubblico medio bramoso di esplosioni e storie molto lineari.


Ovviamente una delle critiche mosse al film è quella di una sua presunta mancanza di originalità. Diciamo che l'unicità del film non va ricercata nelle tematiche trattate, bensì nel come viene narrata l'avventura di Chappie. Se infatti Blomkamp riprende a piene mani quello che è uno degli argomenti ormai tra i più sviscerati della fantascienza di tutto il '900 e oltre, quello che spicca è l' attenzione riservata al punto di vista del robot. Gli esseri umani infatti sono un contorno, una fonte di apprendimento per Chappie, ma anche una famiglia, un punto di riferimento, qualcuno su cui contare, proprio come un bambino che cresce in un mondo che oltre ad essergli estraneo gli è anche ostile.
Insomma nel film si sente fortissima l'influenza dei capisaldi del genere, da Metropolis a Blade Runner, passando per Asimov fino a Mary Shelley ma con quella freschezza e quel tocco che solo un regista in totale ascesa come il caro Neill può avere.

Blomkamp che tra l'altro continua nell'utilizzo del suo consueto design sci-fi molto sporco e rozzo ma credibile. Scelta
azzeccatissima a mio parere, che riprende quanto di buono già visto nelle sue precedenti produzioni e qui totalmente finalizzato a rendere al meglio l'essanza del robot. Ogni modifica, ogni ammaccatura, ogni adesivo,sottolineano maggiormente non la diversità, bensì l'Unicità (con la U maiuscola) di Chappie.
Per non parlare poi di dell'idea geniale di affiancare ai pixel dello schermo oculare della macchina anche il movimento delle antenne e sopratutto delle barre sul suo volto che lo rendono spiccatamente...umano. Ovvio, non bisogna poi neanche trascurare l'eccellente prova di Sharlto Copley, corpo e voce dell'automa.

Non altrettanto brillante è invece la performance dell'Immortale Sigourney Weaver, il cui personaggio è privo di verve...in sostanza la controparte femminile di Jackman. Questo cameo è però forse l'espediente del regista per mettere la pulce nell'orecchio degli spettatori su quello che sarà il prossimo progetto di alto livello affidatogli. Neill Blomkamp dirigerà infatti il nuovo film dedicato allo storico Franchise di Alien!

Un ultima riserva è nei confronti del finale, su cui non riesco ancora a sbilanciarmi né in senso positivo né in senso negativo,  a tratti sin troppo  buonista sopratutto se paragonato a District 9,  in bilico tra speranza e cinismo, ma pendendo pericolosamente nei confronti della prima ma salvata dall'idea del trasferimento di coscienza e della sua possibile immortalità, molto interessante.



In sostanza, Chappie è un film assolutamente da vedere che affronta una tematica classica del genere ma in una maniera molto fresca e personale. Interessante è sopratutto il percorso di crescita e maturazione del dolce e ingenuo robot.
Altra nota di merito sicuramente al design sempre molto sporco e realistico.
Dispiace per la mancanza di coraggio nel volersi distaccare dai canoni del blockbuster a cui Hollywood ci ha abituati e che portano all'inserimento di un villain superfluo e dall'utilizzo un po' goffo di alcuni cliché.
Tolti questi nei, resta in ogni causo un film estremamente godibile e affascinante che però purtroppo non raggiunge le vette di District 9 ma che riesce a difendersi molto bene meritandosi quindi una chance da parte dello spettatore.

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