venerdì 10 aprile 2015

I Souls e League of Legends: Quando tempismo e molta fortuna sono le chiavi del successo

Ok, prima che mi linciate fatemi mettere le mani avanti.
Questo articolo non ha minimamente lo scopo di confrontare qualitativamente due titoli che in comune non hanno praticamente nulla, tranne il fatto di essere due videogiochi. O meglio, una cosa in comune ce l'hanno ed è quella di cui vorrei parlarvi in questo primo post del blog.


Quello di cui voglio parlarvi è, infatti, quello che secondo me è il fattore principale che ha portato al successo questi due brand di grande risonanza mediatica in questo periodo, in questa precisa "era videoludica". Parliamo infatti di due prodotti fondamentalmente agli antipodi della filosofia del videogiocare (da una parte i souls, emblema del singleplaying, della sfida che il gioco propone al giocatore attraverso nemici ostici e con una storia tutta da scoprire esplorando il mondo che ci circonda, dall'altra League of Legends, fulcro massimo di questi ultimi anni dell'esperienza di gioco competitiva) ma accomunati da un fattore che è forse anche lo stesso che ha decretato il successo di entrambi: la tempistica (mista ad una più che discreta dose di fortuna che non fa mai male).

Cosa intendo per tempistica? Beh intendo quel fattore secondo il quale un titolo riesce ad esplodere grazie ad una concomitanza di eventi, mode ecc... che ne decretano il successo in un momento piuttosto che in un'altro.

Lo so, sembra una cosa estremamente scontata, succede in ogni "campo" (soprattutto nell'industria d'intrattenimento e dell'arte, in cui prodotti falliscono solamente perché incompresi per essere poi rivalutati solo in un secondo momento), ma a molti questo concetto sembra qualcosa di astratto, ritenendo il successo del proprio giochino preferito come un atto dovuto, quando in realtà molte perle sono passate in sordina e molti brand pensati come saghe non avranno mai un seguito proprio perché sottovalutate dagli acquirenti in quanto figli di un tempo sbagliato.



Ok dopo questo lungo ed estenuante excursus d'apertura direi di iniziare con il caso più semplice: League of Legends!





Che siate suoi fan, detrattori o menefreghisti (in questo caso, come me) è indubbio che, in questo periodo, League of Legends sia un marchio di punta nel mercato dei videogames, diventando anche la punta di diamante dell'oscuro mondo degli E-sport.

Ma perché tanto successo? A ben vedere questo titolo non ha inventato nulla, non ha portato nulla di veramente nuovo rispetto a quello che l'industria era stata capace di proporre già diversi anni prima. 

C'è infatti chi realmente crede addirittura che sia LoL il capostipite del genere MOBA quando in realtà non è così (fatevene una ragione, c'è un motivo per cui il genere è anche chiamato DOTA-Like). Eppure, nonostante non inventi nulla, questo gioco, sviluppato da uno studio ai tempi totalmente sconosciuto (e senza altri titoli alle spalle) qual'è Riot, è riuscito ad imporsi sul mercato come punto di riferimento per il genere.

Beh il motivo è presto detto. La software house ha compensato la mancanza di originalità e, in diversi aspetti, di qualità (almeno in rapporto alla concorrenza) con il tempismo.

Il titolo è infatti balzato agli onori della cronaca in un periodo ben preciso, in quanto capace di imporsi grazie a due fattori che hanno inciso profondamente su quelli che sarebbero poi andati a formare il primo nucleo di fan devoti al gioco: mancanza di effettiva concorrenza e "migrazione" di gran parte degli utenti di World of Warcraft.

Il primo motivo è facilmente comprensibile, i MOBA, nel periodo di rilascio di League of Legends, erano un genere abbastanza di nicchia, sconosciuto ai più, e l'unico titolo di genere che poteva far parlare di sé in questo settore era un certo DOTA 2, ben lontano dalla pubblicazione e impantanato in un'infinita fase di beta testing, risultando così agli occhi dei più come qualcosa di nuovo e fresco, in particolar modo per coloro che hanno una cultura abbastanza ristretta (vuoi per l'età, vuoi per altri motivi).

Il secondo, beh direi che si spiega quasi da sé. Fate caso che una gran bella fetta dell'utenza ormai "storica" del titolo Riot ha un passato da giocatore abituale di World of Warcraft. E questo perché? Perché in quel periodo il gioco più famoso di casa Blizzard non viaggiava in buone acque, almeno dal punto di vista degli utenti, indispettiti dalle aggiunte al titolo che scontentarono i più. E quindi, delusi da quello che era diventato il loro passatempo di riferimento, questi "esuli" videro in League of Legends qualcosa di non troppo dissimile da un faro in una notte di nebbia per un navigante (anche perché parliamo di un free-to-play, e se il giocatore medio legge GRATIS, non si fa tante domande). Questo, unito alla mancanza di concorrenza di cui parlavamo prima, è stata la miccia che ha accesso il fuoco della dirompente fama del titolo targato Riot che sarebbe rimasto nell'anonimato se fosse stato lanciato con qualche mese di ritardo (il tempo di far uscire dal beta-testing il titolo Valve).



E ora passiamo ad analizzare il secondo caso, simile ma più complesso in quanto snodato in più titoli: i cosiddetti "Souls" (dal primo Demon Souls sino a Bloodborne).




C'è un motivo se ho definito più complesso questo secondo caso. 
Il successo infatti dei vari souls non è infatti facilmente individuabile con il primo capitolo, Demon Souls, in quanto fu sì un titolo che ebbe la sua risonanza mediatica ma che nei primi anni uscita rimase più o meno un titolo esclusivo per una sorta di "èlite", una nicchia di giocatori che riuscì ad apprezzarne le meccaniche, per motivi che vedremo a breve e che grazie ad una combinazione di fattori fece la fortuna del suo primo seguito spirituale, Dark Souls.

Demon Souls infatti riuscì a crearsi una nicchia di fan grazie alla sua tempistica di lancio. Nessuno infatti si interessò minimamente di uno dei fattori più discussi negli ultimi anni riguardo al brand, la Lore. Per tutti il nuovo titolo FromSoftware era sinonimo di una sola cosa: Difficoltà. Tutti parlavano di quanto il gioco fosse difficile, di quanto si morisse, di quanto gli sviluppatori fossero infami causando un rapporto di amore malato in coloro che si infatuarono delle meccaniche poco permissive titolo ed un odio spasmodico da parte di quei giocatori che non erano realmente pronti ad affrontare la sfida.
Insomma, in un primo momento il lavoro di Miyazaki e Co. sembrò essere un fuoco di paglia, ma riuscì ad intaccare quello stato di scetticismo su cui poi si sarebbe iniziato a scavare a fondo fino ad arrivare a quella metaforica "fonte" che è il successo della serie. E questo perché? Perché la tempistica di lancio fu perfetta: da tempo infatti il pubblico medio, spesso ipocritamente, si lamentava dell'eccessiva permissività dei Blockbuster presenti sul mercato "troppo facile", "troppi aiuti", Gran parte dei giocatori avevano fame di sfida, una fame masochista, erano  desiderosi di avere a che fare con un gioco che in qualche modo li violentasse (e parliamo delle stesse persone che spesso usano espressioni del tipo "i videogiochi devono divertire") per farli sentire come delle divinità in terra rispetto agli altri videogiocatori perché loro stavano giocando ad un titolo difficile, e potevano addirittura finirlo.

Come già detto il successo del capostipite però non può essere minimamente paragonato a quello che avrebbe ottenuto il suo primo seguito e che avrebbe portato milioni e milioni di utenti a sbavare all'annuncio di un qualsiasi nuovo titolo della saga (con o senza Souls nel nome).

Dark Souls infatti sfruttò il "pedigree" del "fratello maggiore" fatto di difficoltà e stupro psico-fisico nei confronti del giocatore per mescolarlo ad un mondo di gioco più vasto, una minore meccanicità del gameplay e una maggiore accessibilità che rendevano il titolo ostico ma intrigante per tutti i tipi di giocatori che decidevano di avvicinarsi. Questo, unito alla pubblicazione non più in esclusiva per Playstation 3 (come avvenuto per Demon), la scoperta della Lore di gioco ed un altro fattore di cui vi parlerò a fine articolo, fecero sì che il titolo potesse esplodere abbracciando un pubblico talmente vasto da fare in modo che ogni esponente della saga non avesse neanche bisogno di un controllo qualità ("E' un souls, è bello a prescindere"). 

Insomma é il bisogno di difficoltà, desiderato e allo stesso tempo temuto, ad aver dato il via ad una serie che macina successi di vendite da 6 anni (certo la qualità è indiscutibile ma quella è stata "scoperta" dopo da buna parte dei giocatori).




Prima vi parlavo di un quarto fattore che agevolò il successo di Dark Souls, che lo accomuna anche a League of Legends in una qualche maniera. I due titoli infatti devono anche parte della loro fama ad un nuovo fenomeno che andava sempre più affermandosi in quel periodo. Sto parlando di quelle che sono le attuali star del web, di youtube in particolare, i gameplayers. Questi nuovi idoli delle masse che hanno ottenuto una certa notorietà grazie al semplice videogiocare hanno fatto in modo che i giocatori si appassionassero a questi titoli e, sopratutto nel caso dei souls, si appassionassero anche a qualcosa di diverso dalla semplice difficoltà, come la sopracitata Lore, totalmente ignorata in un primo tempo dai più per poi essere riscoperta e spesso glorificata (non sempre giustamente) anche grazie al lavoro di alcuni di questi youtubers (sottolineo alcuni, perché altri si limitano a fare i deficienti ad ogni mostro incontrato).

Insomma tutto questo enorme giro di parole confusionario, sgrammaticato e ripetitivo solo per dire che titoli che oggi sono osannati dai più come capolavori devono parte, se non la maggior parte, del loro successo più ad una questione di tempistiche fortunate che ad un semplice discorso qualitativo.

Spero che questo primo "articolo" possa essere di vostro gradimento e sopratutto che vi aiuti un pochino a riflettere su quali possano essere spesso i motivi per cui un gioco (ma qualsiasi forma d'arte e d'intrattenimento in generale) riesca a restare nella memoria degli utenti (ma come sempre cercate di prendere le mie parole per quello che sono, un punto di vista il più possibile esterno ma estremamente soggettivo e personale).

E ora scusatemi ma sento avvicinarsi una folla urlante, e lo sferragliare di catene e armi da taglio mi preoccupa un pochino. 

Un saluto da Lollo e...alla prossima! (si spera).





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